La balenottera fossile di Bari

A febbraio 2022 sulla rivista scientifica Geobios è stato pubblicato il primo studio riguardante lo scheletro fossile di balenottera attualmente esposto nel Museo di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.
Si tratta di uno scheletro lungo 11 metri risalente al Pleistocene Inferiore (circa 2 milioni di anni fa) che venne rinvenuto nel 1968 presso il sito di Lama Lamasinata, nella periferia di Bari.

- La balenottera fossile esposta al Museo di Scienze della Terra

 

Le recenti ricerche hanno rivelato trattarsi non solo di uno dei fossili di cetacei pleistocenici meglio conservati al mondo, ma rappresentare anche un prezioso tassello per comprendere la distribuzione attuale e fossile delle balene, sia a livello locale che globale.

L’imponente scheletro, seppur sprovvisto di parte del cranio, si presenta quasi completo ed è stato dunque possibile analizzarlo nel dettaglio e ricavarne importanti informazioni. Attraverso lo studio dei caratteri morfologici infatti, in particolare di ossa come le bulle timpaniche e la peculiare prima costa biforcata, è emerso che i resti conservati nel museo appartengano ad una balenottera imparentata con specie quali la balenottera borele (Balaenoptera borealis), la balenottera di Bryde (Balaenoptera edeni) e la balenottera di Rice (Balaenoptera ricei); tutte specie attualmente non presenti nel Mar Mediterraneo.
Questa scoperta, correlata a studi simili condotti su resti di altri cetacei fossili provenienti dal Sud Italia, indica una ricchezza e diversità di cetacei nel Mediterraneo molto maggiore nel Pleistocene rispetto a quella dei giorni nostri.

Lo scheletro con gli elementi anatomici evidenziati

 

Oltre ai caratteri morfologici, sono stati osservati anche interessanti elementi che rivelano alcuni dettagli sulla storia di questo animale e sull’ambiente che abitava. Tra i resti della balena è stato ritrovato un dente di squalo bianco (Carcharodon carcharias) insieme a segni di diversi morsi sulle ossa del cetaceo. È immaginabile pensare che, dopo la morte dell’animale, la carcassa flottante sia stata presa di mira dagli squali, esattamente come succede nei nostri oceani, e che questa sia precipitata sul fondale in seguito alla dispersione dei gas che ne sostenevano il galleggiamento. Insieme alle ossa sono stati rinvenuti anche diversi molluschi della famiglia Lucinidae, animali spesso associati alle comunità di invertebrati che sono soliti banchettare con i resti di grandi cetacei.

Zazzera, A., Girone, A., La Perna, R., Marino, M., Maiorano, P., Sardella, R., Montenegro, V., Francescangeli, R., Bianucci, G., 2022. Systematics, taphonomy and palaeobiogeography of a balaenopterid (Cetacea, Mysticeti) from the Early Pleistocene of southern Italy.
https://doi.org/10.1016/j.geobios.2022.01.001

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pubblicato il 06/03/2022 ultima modifica 09/05/2022