Xenofobi non si nasce ma lo si può diventare

Amnesty International Italia, in occasione della presentazione del rapporto 2018 sui diritti umani ha parlato con preoccupazione del crescente clima di odio che interessa il nostro Paese. La dice lunga il fatto che circolino sempre di più espressioni come "prima gli italiani".

Un'affermazione che indica implicitamente un avversario, un nemico da cui difendersi: gli immigrati, gli stranieri, i diversi da noi.

Qui non si tratta di costruire un'identità per negazione. Quando ciò avviene la funzione dell’Altro è fondamentale per il riconoscimento del sé (al punto da esserne parte) poiché è nella relazione tra me e l’altro, nel confronto con ciò che è diverso da me, che si definisce l'identità. Quando invece ci si impone sull'altro, lo si definisce come subalterno, e per emergere lo si aggredisce a livelli crescenti (fino a cancellarlo) subentra l'odio razziale. Non si ha più a che fare con la definizione del sé.

In questo senso dire che chi è italiano ha la priorità, a prescindere da chi è, da come agisce, da come la pensa, significa solo generare intolleranza nei confronti dell'altro che può sfociare in xenofobia e razzismo, entrambi basati su un pregiudizio di fondo.

C'è una parte di Paese, denunciava lo scorso febbraio Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia presentando il rapporto sui diritti umani, che si ritiene "bella, pura, italiana, mentre il resto non merita di condividere il territorio". Un fatto che "sta rendendo il clima impossibile in questo Paese, uccidendo ogni possibilità di confronto".

Un clima sbagliato che, se non efficacemente contrastato, può diventare il brodo di coltura in cui potrà crescere e moltiplicarsi una colonia xenofoba e razzista.

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pubblicato il 28/09/2018 ultima modifica 09/05/2022