Puntare sulle 'soft skills'

Una questione che può rendere difficile il recruitment e la selezione, soprattutto dei candidati migranti con bassi livelli di alfabetizzazione linguistica e di specializzazione, che magari hanno maturato poche esperienze educative o professionali nel paese di accoglienza, è dovuta alla brevità e ai pochi elementi presenti nei curriculum professionali.

Spesso i CV dei migranti non consentono di avere le informazioni necessarie per verificare le competenze cercate per un determinato profilo o di comprendere le caratteristiche peculiari della persona che si candida.

Conoscere, al di là dei titoli e dei diplomi, cosa sa fare un migrante, quali siano le sue competenze trasversali e le sue soft skills potrebbe già essere un ottimo punto di partenza: saper lavorare in gruppo, tenere testa allo stress, essere creativi o assertivi sono qualità molto utili sul posto di lavoro e farle emergere, oltre ad averne consapevolezza, è spesso determinante al momento della ricerca di un lavoro.

Perché sono così importati? Perchè attengono alla sfera delle capacità relazionali e comportamentali, che caratterizzano il modo in cui ci pone nel contesto lavorativo. Si chiamano “soft” per distinguerle dalle “hard skill” che sono le competenze più prettamente tecniche e professionali.

Le soft skill sono difficili da sviluppare perché sono il risultato (spesso inconsapevole) del nostro background socio-culturale, il frutto di comportamenti ed esperienze vissute, professionali e personali. Ma possono essere decisive in un colloquio di lavoro. Farle emergere può motivare la selezione del candidato, al di là della preparazione tecnica.

 

 

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pubblicato il 01/11/2021 ultima modifica 09/05/2022