Parole per ferire (hate words) e discorsi di odio (hate speech)

L'espressione "Hate speech" è traducibile come come "discorsi di incitamento all'odio" e indica quella serie di manifestazioni (fin troppo in libertà) del pensiero che servono ad esprimere odio e intolleranza verso una persona o un gruppo, e che rischiano di provocare reazioni violente contro quel gruppo o da parte di quel gruppo. 

Le "hate words" sono le parole usate per ferire tanto un singolo individuo quanto un'intera categoria. Sono parole o accezioni che evocano stereotipi negativi, che disseminano pregiudizi e non solo hanno un'incidenza psicologica ma anche un prepotente riverbero sociale.

Per contenuto e per diffusione.

Razzismo e xenofobia mostrano il loro volto aggressivo soprattutto nei media e nei social, dove diventa sempre più importante dare un peso alle parole, sia scritte che lette. 

Ma non si dimentichi il peso delle immagini, la forma più antica e popolare (cosa che ci dovrebbe far riflettere sul loro potere, pervasività, capillarità...) di comunicazione. Basti pensare che su YouTube vengono caricati filmati a una media di 400 ore di nuovi contenuti ogni minuto. 

Anzi, si pensi che questo dato risale al 2017. Nel 2013 la media era di "appena" 48 ore di nuovi contenuti ogni minuto e già allora spaventava. Due anni dopo, nel 2015, il dato era salito a 300 ore e il numero di ore mensili trascorse dagli utenti a guardare video su Youtube risultava crescere del 50% ogni anno. 

Relativamente al contenuto di odio, Aaron Peckham, nel suo "Urban dictionary: fularious street slang defined", dizionario online dedicato ai neologismi e allo slang in lingua inglese che contiene più di 4,8 milioni di definizioni in continuo aggiornamento, nel 2005 scriveva: 

"Gli hate words, come implica l’aggettivo stesso, sono termini odiosi che provocano dolore perché sono dispregiativi per natura. Sono le parole peggiori che si possano usare, soprattutto se si appartiene a un gruppo che esercita il potere su un altro perché costituisce una minoranza o perché ha alle spalle una lunga storia di discriminazione".

Il linguista De Mauro in un articolo su Internazionale illustra perfettamente quanto "odio" ci sia nelle parole italiane di uso comune. Date un'occhiata.

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pubblicato il 25/09/2018 ultima modifica 09/05/2022