1838 19 gennaio n. 25

ASBa- sez. Trani, Gran corte civile, vol. 68, II foglio di udienza dell’anno 1838 (gen. – mar.), fol. 84r-89r.

Nella causa di appello iscritta al n. 9474 RG, promossa da D. Luigi Massa, curatore dell'interdetto G.Battista Massa contro Maria de Tommasi, moglie di G. Battista Massa, appellata, opposta e appellante per incidente, la Gran Corte di Trani fu chiamata a pronunciarsi sulle seguwnti questioni:

1 - Se una pena infamante, inflitta secondo i dispositivi previsti da un codice abolito, possa valere a fondare da parte dell'altro coniuge una richiesta di separazione personale sotto un codice nuovo; se cioè opera in tale particolare caso il principio della successione delle leggi nel tempo.
2- Se la moglie, qualora possa richiedere la separazione, dato il particolare caso,potrà pure ottenere la separazione dei beni.

La vicenda in oggetto aveva avuto origine a seguito della condanna nel 1818 di G. Battista Massa ai lavori forzati perpetui dalla Commissione Penale Militare. Tale condanna era ai sensi del codice vigente nel 1818 di natura infamante e valeva da sola a fondare causa di separazione. Tuttavia il 1 Settembre 1819, nella nuova fomulazione del Codice, il Legislatore aveva statuito che nessuna pena poteva più considerarsi infamante.
La signora Tommasi aveva però avanzato richiesta di separazione personale solo nel 1836; da ciò nascevano le questioni sottoposte al giudizio della Corte sulla successione delle leggi nel tempo e sugli effetti da essa prodotti.
Sul primo punto la Corte ritenne che con la dicitura "pena" il legislatore voleva intendere, e anche sotto le novelle leggi vuole intendere, la natura intrinseca e il contenuto del reato, che colpisce però solo il soggetto effettivamente reo, macchiando la sua persona in modo perpetuo; va tenuta quindi distinta dall'altra dicitura"delitto infamante", che invece significa ciò che nero su bianco il codice statuisce, oggettivamente.
Secondo la lettura della Corte, mentre "delitto" ha natura oggettiva, per "pena" si intende qualcosa di soggettivo, attribuito ad un soggetto determinato.
Ancora più importante, nel giudizio della Corte, è il dato secondo cui nel 1818 il signor G. Battista Massa era stato condannato ai lavori forzati dalla Commissione Militare con sentenza, resa esecutiva e passata in giudicato. Perciò quando la sua sposa, Signora de Tommasi, aveva avanzato richiesta di separazione personale nel 1836, tale dispositivo era ormai pacificamente esecutivo. La Corte infatti ha ritenuto principio di "Pubblico Diritto universale" che le nuove sanzioni non possano travolgere i giudicati resi operativi sotto le disposizioni normative precedenti.
Pertanto già nello stesso momento dell'emanazione della sentenza di condanna ai lavori forzati a carico di suo marito, la signora acquistò un diritto inalterabile e cristallizzato a poter avanzare richiesta di separazione personale. Con il giudicato penale, da quel momento, e per sempre, la signora de Tommasi aveva acquistato il diritto alla separazione, perchè la situazione accertata durante quel giudizio, era determinata stabilmente così, e non era più soggetta a modificazione, per nessun possibile successivo accadimento.  
La Gran Corte Civile concluse su questa prima questione statuendo che la separazione personale derivante da condanna a pena infamante inflitta all'altro coniuge, poteva essere giustamente e validamente chiesta dalla Signora de Tommasi pure sotto le nuove leggi del 1919; il suo diritto si era perfezionato infatti già prima, al momento della condanna del marito.
Sulla seconda questione, la Corte eccepì invece che la novazione del Codice Civile del 1819 aveva modificato l'art. 311 L.C., che prevedeva la separazione dei beni come conseguenza naturale di una separazione personale, con l'art. 231; secondo tale nuova disposizione, alla moglie, pur richiedente la separazione per giusta causa, sarebbe spetteta solo la ripresa dei frutti dotali, eppure senza i capitoli nè i fondi. Solo se la donna non fosse riuscita a sfamarsi, avrebbe potuto chiedere al marito un supplemento di assegno alimentare sui di lui beni e rendite.
La Gran Corte stabilì quindi che la signora de Tommasi non avrebbe potuto avvantaggiarsi di quanto statuito circa il primo punto sopra esaminato; infatti mentre in quel caso il suo diritto era già perfettamente sorto nel 1818, al tempo della condanna penale in capo al marito, e lei poteva riservarsi di usarlo in qualunque tempo successivo, in questo ultimo caso invece, il regime della separazione dei beni avrebbe potuto solo seguire le sorti della causa di separazione stessa, da cui aveva origine; ed essa era certamente nata (e quindi regolata) e richiesta sotto il nuovo Codice Civile. Pertanto avrebbe potuto essere uniformata solamente ai principi della nuova legislazione in materia.
Sulla base di tali considerazioni la Gran Corte decise di rigettare le opposizioni mosse contro la richiesta di separazione fondata in seguito a condanna penale a pena infamante passata in giudicato avanzata dai difensori del signor G. Battista Massa; e del  pari rigettò l'appello incidente proposto dai difensori della signora de Tommasi, in relazione al problema relativo alla separazione dei beni post-separazione personale di cui al secondo punto.
Fu ordinato infine di dare immediata esecuzione a entrambe le decisioni così' stabilite.

a cura di Roberta Coviello


Sentenza


n° 25
Udienza tenuta dalla G.C. Civile 
Residente in Trani, oggi giorno 19 Gennaio mille ottocento trentotto.
Nella causa iscritta a ruolo generale, n°9474.
Tra D.Luigi Massa, curatore dell’interdetto D. Giovanni Battista Massa, proprietario domiciliato in Gallipoli,appellante ed opponente,patrocinato dal Signor D.Giuseppe Cataldi e difeso dall’Avvocato D. Lorenzo Festa. E da(donna) Maria De Tommasi,proprietaria domiciliata in detto Comune, appellata,appellante per incidente ed opposta, patrocinata dal Signor D.Giuseppe Ugenti.
Le parti chiamate nelle forme consuete. Intese le conclusoni del  signor Cataldi,l’aringa dell’Avvocato D. Lorenzo Festa,e le conclusioni ed aringa del Signor Ugenti.
La Gran Corte Civile ha esaminato le seguenti questioni:
1. La pena infamante, inflitta con giudicato sotto l’abolito codice ad un coniuge, potrà valere di motivo di separazione personale per l’altro,tuttochè domandata sotto le attuali Leggi?
2. Nella inclusiva,si potrà dalla moglie chiedere la piena separazione dei beni?
Sulla Prima: 
Atteso che per lo abolito Codice la condanna a pena infamante era causa impugnabile di divorzio,non è succeduta la sola separazione personale nelle vigenti Leggi, ottemperate di precetti  di nostra Santa Religione. Era tra le pene di tal carattere Quella dei lavori forzati a vita, come è scritto nell’articolo Sette dello già Codice Penale. Nelle novelle Leggi del primo Settembre 1819 il Filantropo Legislatore dichiarò che niuna pena era più infamante, ma che la infamia scente dalla natura del reato ma colpiva il solo delinquente senza diffonderne(spanderne) la macchia. Se quindi un coniuge domandase sotto queste Leggi la separazione personale,dietro condanna data all’altro coniuge di una delle pene allora infamanti,incontrerebbe per avventura propugnando dell’abolizione dell’infamia delle pene? A distruggere tale ostacolo, invocar potrebbe il disposto dell’Articolo 221 delle Lli 6°,ove leggesi che la condanna a pena infamante potrà essere pel coniuge giusta causa di separazione personale: sanzione che sosterrebbe la domanda. Ma qual pena infamante, se più non ne esistono? Sembra che fra queste due disposizioni siavi antinomia, di cui non è suscettibile il sagace Legislatore. A conciliarle, duplice può esserne la intelligenza. O per la pena , avrà inteso di parlare della natura del reato, che colpisce e macchia indelebilmente il solo delinquente, ed ecco che la causa di separazione trova il suo fulcro; altrimenti parrebbe ozioso anzi contraddittorio quello Articolo. Ovvero ha voluto confirmare quella causa attaccata alla pena per la Legge preesistente; nel qual caso sarebbe chiara ed esatta alla lettera la espressione di pena e non di delitto infamante. Né si obietti che la Legge non sanziona stabilmente quello che può avere un corso temporaneo e transitorio per le abolite Leggi, che va poi a terminare; dopocchè in talune circostanze lo ha saggiamente fatto, come per le prescrizioni, per le quali ha disposto che, incominciate sotto la vecchia legislazione, con quella dovessero regolarsi,e pure dopo trenta o quaranta anni andavano a terminare; di tal che sarebbe rimasto ozioso l’ultimo Articolo 2183 delle Leggi Civili. Ma checché ne sia di questa accademica questione, che riguardar potrebbe le condanne pronunziate sotto l’impero del Codice vigente, la fattispecie offre l’esame della disputa in altro aspetto. Nel 1818, sotto il già Codice Civile fu Giambattista Massa condannato dalla Commissione Militare alla infamante pena in allora de’lavori forzati perpetui. In Ottobre 1836 la moglie Signora de Tommasi introdusse giudizio di separazione personale contro del marito per la condanna suddetta e sussidiariamente pel le precedenti sevizie e maltrattamenti. Invano egli vi si è opposto, pretendendo che gli si è tolta con la infamia della pena anche la causa della separazione personale per l’attual Legge. E’ un principio di pubblico Diritto universale che le sanzioni posteriori non possono distruggere né i giudicati, né i diritti de’ privati acquisiti anteriormente sotto disposizioni Legislative che le garantivano. Anche è abborrito il vizio di retroattività sulla intelligenza e valore di leggi preesistenti tranne i casi di novelle Leggi dichiarative e dello espresso volere del Legislarore. Nel quistionato caso, al momento della condanna del Massa nel 1818 acquistò sua moglie de Tommasi lo inalterabile diritto alla domanda di separazione. Desso non poteva esser colpito dalla nuova Legge, se pure ne avesse tolta la causa, locchè non è, come si è dimostrato;  giacchè non potette né imperare né parlare che de’ capi posteriori alla sua promulgazione. E’ ben futile poi l’opporre, che l’azione siasi intentata sotto le novelle Leggi che dovrebbero esserne le regolatrici, come pretendesi; perocchè il diritto esisteva sempre da per sé, ed era in qualunque tempo esperibile, perché incancellabile: e siccome le decisioni che si emettono in qualunque tempo, non creano né attribuiscono diritti ma li dichiarano soltanto, così è indubitato che in qualsivoglia epoca si emetta tal dichiarazione, si riguarda esclusivamente il tempo dello avvenimento, e dello acquistato diritto non si retroattrae,e su cui campeggiar non possono  le leggi di allora. Se il diritto stabilisse due tempi, quello del suo principio e l’altro di sua perfezione , sospesa dal giorno o da condizione, di modochè può dirsi con l’aforisma legale = statim caedis dies, sed non venit; si sarebbe al caso di essere colpito da nuova sanzione pria dell’ultima epoca: ma perché? Giusto per non essere ancora perfetto il diritto; come avvenne nelle premesse antiche sostituzioni, verificate poi sotto le leggi proibitive che svanirono. Ma non è così nel caso attuale, in cui con un solo atto, cioè col giudicato penale del Massa, sua moglie acquistò un diritto perfetto che non era soggetto ad altro avvenimento. Si riguardi dunque sotto qualunque aspetto il poligono di questa così detta quistione, e si troverà ben domandata dalla Signora de Tommasi la separazione personale, e legalmente ammessa dai primi Giudici.
Sulla Seconda:
Attesocchè malgrado l’abolito Codi considerava la Separazione de’beni come conseguenza necessaria della separazione personale ossia del divorzio= Art. 311 L.C.; tuttavia questa disposizione è stata dalle attuali Leggi modificata nell’Art.231. Ivi non altro in tal caso si concede alla moglie che abbia ottenuta la separazione, se non la ripresa di tutti i frutti della dote senza il ritorno de’ capitali o fondi; potendo solo in caso di insufficienza alimentaria chiedere dal marito un supplemento di assegno su de’ di lui beni e rendite. Perciò trovasi anche ben deciso su questo secondo articolo dal Tribunale, mentre le teorie suaccennate dello sperimento del di lei diritto in qualunque tempo, non sono applicabili a questa seconda parte della sua azione: anzi, a norma delle medesime, hassi a ritenere che le Leggi  attuali regolar ne debbono la specie;  dapoichè , se la separazione dei beni non può essere che la conseguenza della separazione personale, ne seguirà, che non sorge questo secondo diritto, se non dietro lo sviluppo del primo, cioè dopo la intentata separazione;e, nascendo sotto questa Legislazione, dalla stessa debba essere diretta. Sarebbe puerile la eccezione che fu messa innanzi dal marito, di doversi stare alla convenzione del1829 fra la moglie ed il suo curatore; mentre quello assegno delle rendite di taluni suoi beni furono espediente interino e transitorio che non le eclissava il diritto a domandare la separazione personale con la conseguenza di quella de’ beni, ossia della retrocessione degli intieri frutti dotali.
La Gran Corte Civile, inteso in parte il Signor Cavaliere D. Pasquale Iannaccone Procuratore Generale del Re, il quale ha concluso che si accolga non solo la domanda per la separazione personale, ma anche quella della separazione de’beni; pronunziando definitivamente, rigetta le opposizioni prodotte dalla parte difesa dal Signor Cataldi avverso la decisione di congedo di questa Gran Corte del dì sedici Settembre mille ottocento trentasette. Rigetta del pari l’appello incidente interposto da D. Maria de Tommasi contro la sentenza del Tribunale Civile di Lecce de’ venti Gennaio mille ottocento trentasette, ed ordina che tanto la decisione opposta, che l’appellata sentenza abbiano la loro esecuzione.
Condanna l’opponente alla multa di carlini sei, e compensa le spese del presente giudizio di opposizione.
Spinelli
Gennaro Bovio , Cancelliere

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pubblicato il 19/12/2013 ultima modifica 09/05/2022