Libro rosso di Taranto (Codice Architiano)
Codice Architiano
Gennaro Maria Monti in un suo articolo pubblicato nel 1930 sulla rivista «Japigia» scriveva: «Taranto, come moltissimi Comuni del Mezzogiorno, ebbe il suo Libro Rosso comunale, cioè una raccolta documentaria ufficiale di tutti, o buona parte, dei privilegi ottenuti dai suoi signori feudali e dai suoi sovrani».
La raccolta a cui il Monti si riferiva è il volume pergamenaceo Privilegi della città di Taranto, in cui è contenuta la trascrizione secentesca dei privilegi e delle lettere regie concesse all’Università di Taranto dai suoi signori feudali e dai suoi sovrani, oltre a documenti aggiunti quali lettere memoriali, suppliche, instrumenti, concessioni, bandi, sentenze ed arbitrati (datati tra il 1330 e il 1604).
Il manoscritto fu fortunosamente «acquistato da uno sconosciuto» negli anni precedenti al 1928 (data in cui Primaldo Coco riferisce di averlo letto per la prima volta) dal preside del Liceo Classico “Archita” di Taranto, prof. Pasquale Ridola.
La collocazione del prezioso volume fin dall’epoca del suo rinvenimento presso la Biblioteca del Liceo Archita ha fatto si che tale raccolta prendesse il nome di Codice Architano o Architiano (così la definisce Adiuto Putignani già nel 1967) per distinguerlo dal Libro Russo seu Costituzioni e Statuti per la Regia Dogana di Taranto conservato presso la Biblioteca comunale di Taranto “Pietro Acclavio”: secondo Primaldo Coco si tratta una copia «di carte 178 […] malamente fatta» dell’originario Liber Dohanarum Ruber del 1547.
Facendo nostre l’opinione del Putignani, «il titolo Libro Rosso di Taranto per diritto spetta al Codice Architiano, cioè al libro dei Diplomi dei Principi di Taranto, mentre al codice Acclaviano, che continua ad essere chiamato Libro Rosso della citta di Taranto, deve darsi il titolo di Directorium Dohanarum Rubrum».
La scelta di rendere disponibile on line il Codice Architano deriva dall’indiscutibile pregio storico giuridico della raccolta già evidenziato dal compianto Gennaro Maria Monti fin dal 1930 che ritenne il libro «di massimo interesse per la storia della Città, data la scarsezza delle fonti storiche finora note, ed anche per il notevole interesse per la storia dell’intero Regno di Napoli, data la importanza di Taranto dal punto di vista politico e militare».
I diplomi contenuti nel Codice vanno dal 1330 al 1535: il primo è un privilegio concesso da Filippo d’Angiò, cui ne seguono quattro della moglie Caterina, undici del figlio Roberto, otto di Filippo II e uno del Principe Giovanni Antonio del Balzo Orsini.
Ai diplomi dei principi di Taranto fanno seguito i diplomi dei reali di Napoli: quattro di Re Ladislao, uno della reginaGiovanna II d’Angiò, uno del Re Alfonso V, uno di Federico I, venti del Re Ferrante, uno di Fedinando il Cattolico e quattro dell’imperatore Carlo V. A questi si aggiungono l’inventario dei beni mobili e immobili del principato e infine altri documenti risalenti al periodo vicereale.
Il Putignani ha individuato nel manoscritto diverse mani: «l’indice ed i diplomi che vanno da Filippo I d’Angiò agli Aragonesi, sono opera di uno stesso ammanuense, mentre l’inventario ed i documenti successivi debbono attribuirsi a mani diverse». Secondo il Coco potrebbe essere stato il notar Francesco Petrello, citato nell’inventario, ad incaricarsi di curare la trascrizione quantomeno del primo gruppo di privilegi, ma nessuna notizia si ha circa i legatori che provvidero alla trascrizione dei documenti aggiunti.
Nel quadro dell’opera di recupero e di valorizzazione delle fonti diplomatiche portata avanti dalla Società di Storia Patria per la Puglia, la trascrizione del cd. “Codice Architiano”– fortunosamente acquisito dalla Biblioteca del Liceo Classico “Archita” di Taranto – e la sua pubblicazione nella Collana del Codice Diplomatico Pugliese colmano una vistosa lacuna che, dopo i generosi tentativi di Antonio Primaldo Coco, Stefano Adiuto Putignani e Gennaro Maria Monti, sembrava aver assunto un carattere permanente tale da porre Taranto in una ingiustificabile condizione di minorità rispetto alle altre città della Regione.
È significativo che ciò si sia realizzato in concomitanza con il radicamento dell’Università a Taranto attraverso la creazione e il consolidamento del Dipartimento Jonico in “Sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo società, ambiente, culture” dell’Università di Bari “Aldo Moro”, a testimonianza di un immediato e positivo incontro dell’Accademia con il “territorio”.
Il Dipartimento Jonico ha infatti deliberato il 23 ottobre 2012 la stipula di un protocollo d’intesa con la Società di Storia Patria che ha consentito la realizzazione del progetto e, nell’arco di quasi due anni, ha coordinato i lavori del comitato scientifico formato da: Roberto Caprara, Francesco Castelli, Pasquale Cordasco, Cosimo D’Angela, Michele Marangi, Giulio Mastrangelo, Francesco Mastroberti, Adolfo Mele, Ornella Sapio, Stefano Vinci.
Alla luce dei risultati conseguiti la “strategia” di riunire intorno ad un tavolo i rappresentanti dei maggiori enti culturali operanti nell’area tarantina – Università, Archivio di Stato, Archivio Storico Diocesano e Liceo Archita – si è rivelata assai efficiente con un risultato non trascurabile che apre la strada a nuovi studi sulla storia di Taranto e della Terra d’Otranto.
La trascrizione è stata realizzata dal Prof. Roberto Caprara, dalla Dott.ssa Ornella Sapio e dai Dott.ri Michele Pepe e Francesco Nocco, sotto la responsabilità scientifica del Prof. Pasquale Cordasco con il supporto, in tutte le fasi del lavoro, del comitato scientifico. Il progetto si è avvalso del contriburo della Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia, che sentitamente ringraziamo.
In questo momento di grande sofferenza per gli studi e le ricerche umanistiche, il volume che qui si pubblica vuole essere, ancora una volta, come tutte le iniziative della Società di Storia Patria per la Puglia e dell’Università di Bari, un bel segnale di augurio per una immediata ripresa economica e culturale della Regione.