1832 13 agosto

A.S.Ba. – Sez. Trani – Gran Corte Criminale, Circondario di Acquaviva, Vol. 15, Processo n. 6 del registro dei misfatti, anno 1829, Fol. 63r-98r.

La sentenza del 13 agosto 1832 fu pronunciata dalla Gran Corte Speciale di Trani nei confronti del pastore di Corato Cataldo Ardito, tratto in giudizio con l'accusa di aver fatto parte di una comitiva armata composta dai sig.ri Alessandro Guarnieri, Francesco Muggeo e Giuseppe Bove.

All'imputato fu contestato il delitto di “furto qualificato pel luogo e per lo mezzo accompagnato da pubblica violenza in danno di Vito Lassandro di Santeramo”, punito dall’art. 147 le. Pen., secondo cui “è accompagnato da violenza pubblica ogni reato commesso da un numero non minore di tre individui riuniti a fine di delinquere, dè quali due almeno sieno portatori di armi proprie”.
Come si evince dalla stessa sentenza, la Gran Corte Civile di Trani facente funzione di Gran Corte Criminale aveva trasmesso la richiesta di “ammissione di accusa e di competenza Speciale” alla Gran Corte Speciale di Trani per Ardito, affinché quest’ultimo fosse giudicato anche per l’evasione dal carcere di Acquaviva la notte del 7 luglio 1828 (i misfatti d’evasione dai luoghi di pena e di custodia ex art. 233 ss.ll.pp. erano di competenza della Gran Corte Speciale).
Fra le questioni affrontate in sentenza, particolare rilievo assume quella relativa alla “reitera” “poiché i furti pè quali è stata dichiarata la colpabilità del suddetto accusato Ardito furon commessi l’uno consecutivo all’altro in un medesimo giorno, e dagli stessi autori”. La Corte  - “considerando che relativamente all’evasione con frattura violenta dal carcere di Acquaviva … debba egli isolatamente subire altra pena da espiare terminata la prima per gli anzidetti furti” - a voti uniformi  dichiarò  non sussistere “reiterazione di misfatti”.
La Gran Corte Speciale di Trani condannò l'imputato Cataldo Ardito ad anni diciotto di ferri per aver commesso in data 14 febbraio 1828 ed “in continuazione”, sette “furti qualificati accompagnati da pubblica violenza” ai sensi degli artt. 421; 422; 147; 70 leg. Pen., e ad ulteriori sei anni di reclusione da espiarsi dopo la predetta condanna ai ferri per aver commesso il reato di “fuga violenta mediante frattura dal carcere di Acquaviva” la notte del 7 luglio 1828, ex art.253 leg. Pen. L’Ardito fu inoltre condannato alla malleveria di ducati 300 per cinque anni ed alle spese del giudizio in ducati 121 e grana 19 ex artt. 31; 34 leg. Pen e art. 296 leg. Proc. Pen. Il 27 giugno 1833. 
Cataldo Ardito morì in carcere mentre scontava la suddetta pena.

a cura di Ivan D'Addario 

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pubblicato il 19/12/2013 ultima modifica 09/05/2022