Gran Corte Civile di Napoli
La Gran Corte Civile di Napoli avrebbe giudicato degli appelli provenienti dalle province di Napoli, Terra di Lavoro, Principato citeriore, Principato ulteriore, Contado di Molise, Capitanata, Basilicata. Come le altre Gran Corti avrebbe giudicato anche sulle sentenze inappellabili «profferite dagli arbitri, da’ tribunali civili, e da’ tribunali di commercio», risolveva i conflitti di competenza tra tribunali della sua giurisdizione e giudicava sulle azioni civili esercitate contro i membri dei medesimi o contro i giudici di circondario (la cd. Presa a parte).
La Gran Corte Civile di Napoli, considerata dal governo come il contraltare della Suprema corte di Giustizia di Napoli, rappresentava il vero vertice dell’organizzazione giudiziaria del Regno. Infatti, in base all'art.119 della legge istitutiva, in caso di annullamento della Corte suprema, mentre per il penale la causa doveva essere rinviata alla Gran corte criminale più vicina a quella che aveva pronunciato la sentenza, per il civile interveniva obbligatoriamente la Gran corte civile di Napoli che, così veniva elevata un gradino sopra le altre Gran corti civili del Regno. Proprio nelle sentenze della Gran Corte Civile di Napoli si trovano affrontate, sviluppate e risolte le più importanti questioni giuridiche che impegnarono la giurisprudenza napoletana pre-unitaria: si può pertanto dire che è opportuno guardare all’attività di questo tribunale più che alla Suprema Corte di Giustizia per individuare gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti.
La legge istitutiva divise la Gran Corte Civile di Napoli, residente in Castel Capuano, in tre camere. In base alle prime nomine la prima camera era formata da Giacinto Troyse (presidente della Gran Corte Civile) e dai giudici Vargas, Migliorini, Vollaro, Pepe, de Conciliis, Abatemarco, Abrusci, Roberti, Franchini e dal procuratore generale Letizia; La seconda camera era composta da Savarese (Vice-presidente della Gran Corte Civile), dai giudici Pedicini, Franchini. Pellegrini, Palomba, Calenda, Puoti, d’Errico e Castaldi; la terza Camera da Criteni (Vece-presidente della Gran Corte Civile) e dai giudici Montone, di Giovanni, Diodati, Giannotti, Longhi, Petrucci, Potenza, Cappelli e dal sostituto del procuratore generale Jatta. Dunque un presidente (Troyse) a capo delle prima sezione e due vice-presidenti (Savarese e Criteni) a capo delle altre due sezioni. Tra essi spiccava la figura di Domenico Criteni che durante il dibattito alla Consulta Generale del 1824-25 sulla riforma dell’ordinamento giudiziario del Regno, avrebbe capeggiato i consultori contrari alla reintroduzione della cosiddetta "Doppia conforme", guidati da Gaspare Capone.