Chance a metà

L'indagine European Labour Force Survey del 2014 ha mostrato che rifugiati con un’istruzione di grado universitario occupati in Europa erano impiegati in lavori di livello inferiore a quello del livello d’istruzione formale conseguito, in percentuale tre volte maggiore rispetto ai nativi (60% contro 21%) e due volte maggiore rispetto agli altri migranti (30%).

Quanti hanno un background migratorio, provengono da contesti socio-economici ed educativi molto diversi fra loro e dal nostro. Questo fa sì che spesso, al momento della ricerca attiva del lavoro, si trovino ad affrontare ostacoli aggiuntivi. Sia loro sia i loro potenziali datori di lavoro, che non sono preparati adeguatamente a valutarli o che non hanno i mezzi per farlo.

Esaminare la documentazione che attesti i titoli, le qualifiche, le esperienze professionali, le competenze e motivazioni dei candidati è il punto di partenza di ogni colloquio di lavoro ma è vero che chi arriva spesso non parla correntemente la lingua del Paese di accoglienza, per cui diventa difficile, per i datori di lavoro, rilevarne correttamente il potenziale professionale. Ci possono essere difficoltà anche nell’ottenere referenze dai datori di lavoro precedenti o sui sistemi d’istruzione esteri. Queste condizioni "ambientali" possono accrescere il grado di incertezza sulle capacità professionali dei candidati e i migranti potrebbero essere penalizzati vendendosi sottovalutare le competenze e i titoli. Con le opportune differenze però, dovremmo pensare che possono essere penalizzati anche i datori di lavoro: quanti ingegneri, ricercatori, manager, operai specializzati non possono assumere perchè non hanno gli strumenti per selezionarli?

 

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published on 22/11/2021 ultima modifica 09/05/2022