Sulla rivista Neuron uno studio UNIBA individua nuovi bersagli dei farmaci del futuro per combattere la schizofrenia

5 settembre 2024

Per la prima volta viene pubblicato su Neuron uno studio "made in UNIBA", frutto della collaborazione dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro (UNIBA) e del Lieber Institute for Brain Development (LIBD) di Baltimora, a sostegno dell'uso della genetica e dello studio del cervello per individuare nuovi farmaci.

Il lavoro è partito da un noto modello dell'architettura genetica della schizofrenia, chiamato "omnigenico" perché prende in considerazione l'intero genoma per spiegare le caratteristiche ereditarie del disturbo, invece di puntare su pochi geni di rischio. Lo studio ha dimostrato che effettivamente le reti genetiche che supportano il funzionamento delle cellule del nostro cervello disperdono il rischio di schizofrenia sull'intero genoma. Lo stesso non si applica ai disturbi neurologici, immunitari e caratteristici della neuropsichiatria infantile, mentre il disturbo bipolare e la depressione maggiore condividono parte delle caratteristiche evidenziate nella schizofrenia. Gli autori hanno identificato nei neuroni eccitatori degli strati superficiali della corteccia le cellule più verosimilmente implicate in queste basi genetiche del disturbo. La dimostrazione di questo modello ha reso possibile identificare anche gli specifici geni, per ciascuna delle regioni cerebrali considerate, che sono più promettenti per una modulazione farmacologica. Solo una parte dei sintomi della schizofrenia, infatti, risponde ai farmaci tradizionali, e circa il 30% dei pazienti beneficia solo limitatamente dei trattamenti attualmente disponibili.
Pertanto, questa ricerca pone le basi per puntare su nuovi bersagli farmacologici.

'L'importanza di questo studio computazionale ha risvolti pratici importanti' - spiega il prof. Giulio Pergola, che ha coordinato lo studio - 'Questi risultati indicano che il rischio di schizofrenia non alberga principalmente laddove credevamo fosse più concentrato, ma si concentra in altri geni finora non considerati, in virtù del funzionamento delle reti di geni nei neuroni. Da qui possiamo partire per fare ricerca su nuovi potenziali farmaci per questo disturbo. 

Lo studio è il risultato del periodo trascorso dal Prof. Pergola al Lieber Institute for Brain Development nel corso della sua borsa Marie Curie Global Fellowship. Il primo autore dello studio, il Dott. Christopher Borcuk, originario della California, ha trascorso due anni a Bari nel gruppo del Prof. Pergola, con cui ha svolto questa ricerca. Lo studio è stato realizzato anche grazie ai finanziamenti del progetto PNRR "Mnesys" diretto a UNIBA dal Prof. Bertolino, Direttore della Clinica Psichiatrica presso il Policlinico di Bari e del Dipartimento universitario di Biomedicina Traslazionale e Neuroscienze, oltre che di un progetto PRIN2022PNRR del Prof. Pergola.

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pubblicato il 06/09/2024 ultima modifica 06/09/2024 scaduto

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