Il mondo da più punti di vista

Diamo per scontato il nostro mondo. Tutto ciò che accade lo definiamo, lo incaselliamo secondo parametri assodati in una cornice di riferimento predefinita, usando un vocabolario che fornisce l’unica spiegazione apparentemente possibile. O almeno tendiamo a farlo.

Traduciamo ciò che accade secondo gli schemi, mentali e sociali, che ci sono più familiari. Pensiamo che il nostro punto di vista, il nostro canone comportamentale che usa e segue le regole della società in cui siamo cresciuti, sia naturale e assoluto e non un costrutto, un artefatto, solo uno dei tanti possibili. 

Ma la concezione del mondo secondo presupposti cognitivi e morali dati per scontati, perchè assimilati sin da piccoli dai componenti di un gruppo sociale, ha lo stesso limite della visione geocentrica. 

Quando uno straniero arriva, mette in discussione i nostri modelli cognitivi e in un certo senso è ovvio che si generino scintille, che si produca un cortocircuito informativo. Ci accorgiamo all’improvviso che tutto può essere messo in discussione, tutto quello che davamo per certo, ovvio e naturale, compresi i comportamenti, le norme, i valori morali.

Il concetto di relativismo è noto da sempre. La filosofia nega l'esistenza di verità assolute sin dalla Sofistica greca. Ma difficilmente ci pensiamo quando incrociamo uno straniero che ci obbliga a “fare lo sforzo” di vedere il mondo con occhi nuovi, di non pensare “come al solito”.

Se questo “rompere” le abitudini, offrire alternative possibili, ha un apporto benefico sugli individui con un forte senso di appartenenza al gruppo, perché induce a prendere coscienza che il proprio sapere non è né esclusivo né migliore nè superiore, lo straniero vive questo “scontro” sulla propria pelle: al suo arrivo, tutto il suo sistema di riferimento viene meno e dipende solo da lui la sopravvivenza di codici che nessun altro condivide. 

La differenza è che davanti alle “dissonanze” il resto della società fa gruppo, si fa forza attorno ai valori che condivide mentre lo straniero è solo, possibilmente nell’indifferenza generale, a vivere il confronto e lo scontro culturale.

Le conseguenze sono principalmente due. La prima è la “comoda” marginalizzazione del nuovo arrivato e la seconda è che il conflitto culturale nasce proprio lì, dal difendere i propri schemi di riferimento perché, senza cercare punti di contatto, si consolida l’estraneità reciproca.

 

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published on 06/04/2018 ultima modifica 09/05/2022